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CBD in Italia e Decreto Sicurezza: rischio per il settore?
Il Decreto Sicurezza e il CBD in Italia: Un'Onda Contro il Progresso
Negli ultimi anni, l’Italia ha assistito a un’esplosione di interesse e investimenti nel settore del CBD, la molecola non psicoattiva della cannabis. Dalla cosmetica al benessere, dagli integratori alla fitoterapia, l’industria della canapa light ha generato un ecosistema imprenditoriale innovativo, giovane e in costante crescita. Tuttavia, l’approvazione del Decreto Sicurezza ha segnato una brusca frenata, sollevando forti critiche da parte degli operatori del settore e degli osservatori internazionali.
Che cos'è il Decreto Sicurezza e perché è un problema per il CBD?
Il DL Sicurezza (Decreto-legge n. 19/2024) ha introdotto nuove misure restrittive nei confronti della canapa, anche quella con un contenuto di THC inferiore allo 0,2%, che secondo la normativa europea dovrebbe poter circolare liberamente. Il decreto introduce ambiguità normative e rischia di equiparare la vendita di CBD a quella di sostanze stupefacenti, rendendo vulnerabili imprenditori, commercianti e clienti.
Il decreto genera ricadute economiche e sociali devastanti:
- Centinaia di CBD shop a Torino, Milano, Genova, Livorno e in tutta Italia sono a rischio chiusura;
- Migliaia di posti di lavoro nel settore legale della canapa sono compromessi;
- Si alimenta un clima di incertezza normativa che frena gli investimenti e gli acquirenti.
Un conflitto con il diritto europeo
L’Unione Europea, attraverso la sentenza Kanavape della Corte di Giustizia (C-663/18), ha stabilito che un prodotto contenente CBD estratto da tutta la pianta di canapa non può essere considerato uno stupefacente. Inoltre, il Regolamento (UE) 1307/2013 permette la coltivazione e commercializzazione della canapa industriale con THC < 0,2%.
Nonostante questo, l’Italia continua a proporre leggi che ostacolano la libera circolazione delle merci, attirando l’attenzione della Commissione Europea, come segnalato dagli europarlamentari del Partito Democratico. La conseguenza? L’Italia rischia procedure di infrazione per violazione del diritto comunitario.
L'Italia controcorrente: il confronto con altri paesi europei
Mentre l’Italia irrigidisce le norme, diversi paesi dell’Unione Europea hanno intrapreso un percorso opposto, più progressista e razionale. Vediamo alcuni esempi:
Germania
Dal 1° aprile 2024, la Germania ha legalizzato l’uso ricreativo della cannabis. Gli adulti possono possedere fino a 25 grammi e coltivare fino a 3 piante. Il CBD non solo è legale, ma è anche regolamentato in modo chiaro e favorevole allo sviluppo commerciale.
Francia
Dopo un iniziale tentativo di vietare i fiori di CBD, il Consiglio di Stato ha bloccato il divieto. Oggi, i fiori con THC < 0,3% sono liberamente commercializzabili, e il settore sta prosperando.
Spagna
Pur non avendo ancora una legge chiara sul CBD, la Spagna tollera la vendita di prodotti a base di CBD, inclusi fiori e oli, se non destinati al consumo umano. Il mercato è dinamico e orientato all’esportazione.
Lussemburgo e Paesi Bassi
Il Lussemburgo è stato il primo paese UE a legalizzare la coltivazione domestica e il consumo personale. Nei Paesi Bassi, nonostante il paradosso legale, il consumo è tollerato da anni e il CBD è largamente disponibile in tutte le forme.
Perché il CBD non è droga
Numerosi studi internazionali confermano che il CBD non ha effetti psicoattivi, non crea dipendenza e presenta proprietà antinfiammatorie, ansiolitiche e neuroprotettive. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel report 2018 sulla cannabis, ha dichiarato che il CBD è sicuro e ben tollerato.
Queste evidenze rendono incomprensibile l’equiparazione tra canapa light e droga. Peraltro, il settore ha sempre rispettato le soglie di THC previste dalla legge e si è dotato di sistemi di tracciabilità e controllo.
L’impatto reale sulle imprese e sui consumatori
L’incertezza normativa indotta dal DL Sicurezza ha già causato un calo delle vendite in diversi CBD shop italiani. Molti consumatori, disorientati, evitano l’acquisto per timore di sanzioni o controlli.
Cosa chiedono gli operatori del settore
Chi lavora nel mondo della canapa light non chiede anarchia normativa, ma chiarezza, coerenza e legalità. Le proposte condivise da diverse associazioni e aziende sono:
- Distinzione chiara tra canapa industriale e sostanze stupefacenti;
- Regolamentazione trasparente del CBD con soglie THC ben definite;
- Riconoscimento del valore agricolo, economico e terapeutico della canapa;
- Dialogo tra politica, scienza e imprenditori per costruire norme sostenibili.
Il futuro del CBD in Italia: repressione o rilancio?
Il rischio è che l’Italia, invece di valorizzare un’eccellenza nazionale, imbocchi la strada della repressione, favorendo solo l’illegalità e la fuga degli investimenti. Il CBD Italia merita un quadro legislativo che permetta ai best CBD shop Italia di operare in sicurezza e legalità, offrendo prodotti sicuri e certificati a milioni di consumatori.
Il nuovo Decreto Sicurezza rappresenta una minaccia concreta non solo per i consumatori di CBD, ma per un intero settore economico in piena espansione. In Italia sono a rischio 30.000 posti di lavoro, per la maggior parte occupati da giovani under 35, insieme a 3.000 aziende, principalmente CBD shop e realtà agricole che hanno investito nella riqualificazione di terreni abbandonati. A questo si aggiunge un impatto economico considerevole: il settore genera circa 2 miliardi di euro di introiti per lo Stato italiano, in larga parte grazie all’export verso l’Europa. Basti pensare che quasi l’80% del CBD commercializzato nel continente è coltivato in Italia.
Conclusione: un appello per una scelta ragionevole
Mentre l’Europa avanza verso modelli di legalizzazione e regolamentazione, l’Italia non può permettersi di restare indietro. Chiudere i negozi di CBD significa distruggere migliaia di posti di lavoro, spegnere il futuro di tanti giovani imprenditori e rinunciare a un’opportunità di sviluppo economico.
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