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Di Pure CBD

Cannabis light: il Consiglio di Stato smentisce il Governo

Il Consiglio di Stato smentisce il Governo: sulla cannabis light l’Italia rischia un’altra figuraccia in Europa.

Negli ultimi mesi il dibattito politico sulla cannabis light è stato dominato da toni allarmistici, slogan securitari e frettolose strette legislative.

Ma l’ordinanza pubblicata dal Consiglio di Stato il 12 novembre 2025 ha cambiato completamente il quadro: i giudici hanno sospeso il giudizio sulla normativa italiana e hanno rimesso la questione alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

In altre parole: non è affatto certo che la legge voluta dal Governo sia compatibile con il diritto europeo.

E questo apre un interrogativo che ogni cittadino dovrebbe porsi: perché viene fatta una legge destinata, quasi certamente, a essere bocciata in Europa?

Cosa ha sbagliato il Governo
Il provvedimento contestato nasce dalla scelta politica di trattare la cannabis light come un “problema di ordine pubblico”, ignorando volutamente:

la normativa agricola europea, che regola la canapa come qualsiasi altra coltura industriale;

il principio di libera circolazione delle merci nell’UE;

il fatto che le varietà di Cannabis sativa certificate sono già riconosciute e tutelate a livello comunitario.

Il Governo ha scelto la strada più restrittiva, andando contro il quadro giuridico europeo già esistente e consolidato negli anni.

Il risultato? Una legge che appare più ideologica che tecnica, più propagandistica che fondata.

Cosa dice davvero il Consiglio di Stato
La Sesta Sezione ha sollevato dubbi pesantissimi: la normativa italiana potrebbe violare gli articoli 34, 35 e 38 del TFUE, oltre a una lunga serie di direttive e regolamenti UE.
Significa, tradotto in parole semplici, che:

non si può vietare ciò che l’Unione Europea considera legittimo nell’ambito agricolo e commerciale;

non si possono bloccare prodotti ottenuti da varietà certificate UE;

non si può fermare un intero settore senza motivazioni solide e coerenti con il diritto europeo.

Non è un dettaglio: è una bocciatura tecnica della linea del Governo.

La stampa parla di errore politico, non solo giuridico.
Negli ultimi due giorni i principali quotidiani hanno analizzato la notizia con toni piuttosto chiari:

Repubblica ha parlato di una svolta che “mette in seria difficoltà la narrativa del Governo sulla cannabis light”.

Eunews, testata specializzata in temi europei, ha evidenziato come l’Italia rischi di isolarsi nella UE con una norma che appare in aperto contrasto con il mercato unico.

Testate del settore sanitario e agricolo hanno sottolineato che l’approccio del Governo ignora totalmente il quadro normativo europeo che disciplina la canapa industriale da oltre vent’anni.

Il messaggio è arrivato forte: la scelta del Governo rischia di trasformarsi in un caso europeo.

Perché è un problema per tutti — anche per chi non usa cannabis
Che si sia favorevoli o contrari alla cannabis light, qui il punto è più grande:
uno Stato non può scrivere leggi che violano i principi europei fondamentali.

Quando accade:
si creano conflitti giuridici inutili;
si producono danni economici alle imprese italiane;
si genera confusione normativa che colpisce consumatori e operatori;
e soprattutto si mette il Paese nella posizione di essere richiamato o sanzionato dall’UE.

L’Italia ha già subito più volte richiami su norme scritte male, affrettate, poco coordinate con il quadro europeo.

La storia sembra ripetersi.
Il rischio di un nuovo boomerang politico

Se la Corte di Giustizia dovesse confermare l’incompatibilità della normativa italiana:
il Governo sarebbe costretto a rivedere la legge;

l’Italia darebbe ancora una volta l’idea di un Paese che legifera “controvento” rispetto all’Europa; l’intera narrazione emergenziale costruita attorno alla cannabis light si sgretolerebbe.
Sarebbe un boomerang politico difficile da giustificare agli elettori.

Conclusione: quando l’ideologia vale più dei fatti
Il messaggio dell’ordinanza è semplice e durissimo:
la legge italiana sulla cannabis light potrebbe essere sbagliata alla radice, perché scritta ignorando le regole europee.
Non è solo un problema tecnico.
Non è solo una questione agricola o commerciale.
È una questione di buon governo.

Un governo dovrebbe legiferare basandosi su dati, diritto, evidenze — non su slogan.

Questa volta, però, sembra aver scelto la strada opposta.

E ora è l’Europa stessa a ricordarcelo.